Castelli di nuvole
Ogni volta che restituisco una canalizzazione, mi rendo conto che il mondo che descrivo è un’immagine personale. L’Infinito è un calderone da cui poter estrarre a piacere qualunque cosa, e come ci siamo più volte detti, gli eventi che viviamo non sono che traduzioni di ciò che percepiamo di queste possibilità dentro al pozzo.
Ma tali interpretazioni hanno spesso la pretesa di definire delle verità, per cui noi deduciamo, apprendiamo e trasmettiamo che le cose stanno in un certo modo e che funzionano secondo queste caratteristiche. Diamo solidità all’impalpabile, pretendendo così di comprenderlo e maneggiarlo, in un processo continuo, minuzioso e dettagliato. Invece dobbiamo ricordare come ogni parola e idea che utilizziamo in questa nostra esperienza non sia che un frammento di una verità molto più grande: un granello di sabbia su una spiaggia infinita.
Durante le canalizzazioni spesso mi vengono rivolte domande precise su come quindi funziona l’energia, l’anima, la reincarnazione, … Beh, io non ne ho assolutamente idea. Attraverso ciò che sperimento, ho creato un’immagine che per me funziona, che lascia spazio a tutto ciò che invece non riesco a percepire e sperimentare. Come se stessi guardando le macchie di inchiostro su un foglio, potrei dire oggi di vedere una determinata scena e domani di vedere qualcosa di completamente diverso. Le prime volte che leggevo Osho notavo diverse incoerenze nei suoi discorsi che mi facevano irritare, ma adesso ho compreso che non possiamo limitare la nostra visione a ciò che comprendiamo, che dobbiamo lasciare spazio a tutto il resto.
Io non ho risposte su questi argomenti, li racconto così come ogni volta riesco a viverli in me, ma si tratta soltanto di racconti. Ciò che è vivo, ciò che vibra, sta prima delle parole e della storia, che di per sé è soltanto un mezzo, un veicolo per il significato. E il significato non necessita di alcuna definizione. Dico agli altri di prendere questi racconti come favole o libri, di cui alla fine ti resta qualcosa che sfugge alla tua mente perché non è traducibile, ma hai comunque lasciato entrare. Ci sono luoghi di noi che non necessitano della nostra mente.
E allo stesso modo, ricordo a me stessa di non prendere mai niente come vero ed immutabile. Credo che nell’Esistenza (nella vita come nella morte) tutto sia possibile, e dunque diventa complicato tracciare delle verità, non solo perché esse sono personali, ma perché sono mutevoli: ogni cosa che riguarda la mente lo è. L’unica verità immutabile risiede oltre ciò che la nostra mente può comprendere.
Ecco perché alcune esperienze sono per noi così significative, benchè non sembri: osservare l’alba o il tramonto, ascoltare musica, stare nell’acqua, osservare un cielo notturno…. Immergerci in ciò di cui non possiamo distinguere i confini. Ciò che siamo si risveglia e si rivela quando smettiamo di voler capire cosa sia.
Il mio mondo interiore è fatto di innumerevoli
storie, e poiché tutto è possibile, posso raccontare di una conversazione con
la mia macchina, di un messaggio che arriva fissando un dente, di animali che
si credono umani e di tanto altro senza sentire che niente di tutto questo
stoni da ciò che per altri è la realtà. E tuttavia per addentrarsi in mondi
sempre più ampi, bisogna perdere il bisogno di sapere cosa sta succedendo, e
lasciare che le cose accadano attraverso il loro infinito potere. Tutte le mie
storie, tutte le mie realtà, non sono che castelli di nuvole: a volte mi sembra
che la loro forma abbia un senso per me, ma esse non hanno forma alcuna. E cosi
io.

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