Non siamo

 


Cercare in se stessi ciò che è già quell’Uno, Dio, significa cambiare il modo in cui intendiamo la natura di ciò che sperimentiamo. 

Intanto, questa è l’unico termine che possiamo usare per indicare ciò che si muove e si produce nella nostra consapevolezza. Non ci sono “incontri” intesi come due parti diverse che vengono a contatto: c’è solo la nostra coscienza, c’è solo il nostro percepire l’esistenza nelle manifestazioni che produce, ma questo spazio per ciascuno di noi è unico. Nessuno di noi incontra qualcosa o qualcuno di diverso da sé: tutto ciò che sperimentiamo è la nostra coscienza, tutto ciò che sperimentiamo è parte della stessa unità. 

Ma se non esiste alcun “altro” all’infuori di pezzi di noi stessi, come possiamo esistere noi come individui? In fondo ogni “io” è l’essenza stessa del presupposto che si differenzia da un “tu”, quindi se non ci sono altro che io, nemmeno quell’io resiste. 

Allora, le persone e gli eventi intorno a noi, non sono più da intendersi come dei riflessi di noi stessi (cosa che vorrebbe sottintendere che noi ci siamo ancora), ma come parti della stessa unicità in cui non c’è alcuna separazione. 

Se guardate qualcosa abbastanza a lungo, la vedrete scomparire; dietro all’apparenza ciò che rimane è un’assenza unica che permea l’intera manifestazione. Quell’assenza è ciò che siamo. E che non siamo.

Commenti

  1. Quell'assenza è ciò che siamo e che non siamo, tutto e niente. L'infinito. Nessuna separazione. Stessa unicità. Io/noi. Sempre.

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