Il topo di Schrodinger
“Sospettavo quella mattina che ci fosse un topo in casa. Il cane annusava rigido e sospettoso il divano, sotto cui già in precedenza un piccolo ospite campagnolo si era rifugiato. E tuttavia dopo aver rivoltato la sala non avevo trovato tracce di alcun intruso. L’inquietudine olfattiva del mio amico mi teneva compagnia nello scorrere delle ore, e mentre pensavo a come risolvere il problema mi sono accorta che non ero nemmeno certa che ci fosse realmente un problema.
Seduta quindi sul divano oggetto di tanto interesse, ho immaginato un topolino nascosto ed impaurito sotto ai cuscini, e a come questo disegnasse nella mia mente un’intera e solida realtà fatta di un certo umore, colore, di un certo tipo di pensieri, di un clima che condizionava (orientava) la mia intera giornata in una specifica direzione.
Poi ho esplorato l’opzione
che lì sotto non ci fosse nessuno, e la mia intera percezione ha virato in
tutt’altra direzione: la mia atmosfera interna era completamente diversa. Lo
ero io. Mi sono chiesta quale sia davvero la sostanza della percezione che ci
anima, quanto non sia riferibile a qualcosa di reale là fuori. Come la realtà
sia sempre soltanto una supposizione, uno scenario scelto fra infiniti
possibili.
Il topo non è mai apparso, non in questa mia versione. Ma
certamente in qualche altra variante della realtà.”
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