A lezione dagli Animali - Il messaggio di Titti
Raccontare un incontro di quelli che avvengono attraverso le canalizzazioni non è mai facile, nella traduzione a parole molto va perduto di una storia troppo grande per poter essere interamente compresa. Soprattutto perché ciò che è possibile cogliere da un frammento che ci viene restituito conduce ciascuno di noi su strade personali, secondo la propria esperienza, il proprio sentire, il proprio bisogno. A volte, qualcuno di questi incontri accende scintille abbaglianti, e poco importa, anzi nulla, della distanza e del tempo. Il presente è tutto ciò che di reale esiste.
Titti è stato un incontro incredibile per me, fugace e permanente in ciò che mi ha permesso di condividere con lui. Tittino, per chi lo ama, è un gatto che convive con una ragazza di Roma, Serenella. L’incontro con lei è stato sicuramente peculiare, innescato dalla curiosità circa la storia della sua amata cagnolina Olimpia, che solo qualche giorno dopo il nostro primo contatto si trasforma. Nasce con lei una grande amicizia, vissuta in videochiamata, con grandi conversazioni sull’infinito ed il senso della vita, sulla relazione con gli animali, la profondità del lutto per la loro perdita e l’amore che ci lega a loro. Questa è un’altra storia, ma so che questo incontro è avvenuto in corrispondenza di un passaggio, come un ponte fra sponde ai lati opposti del tempo, e come sempre non è un caso.
Ad ogni modo, di Titti non avevamo ancora approfondito nulla, ma a distanza di pochissimo tempo dal primo lutto, anche lui ha improvvisamente un crollo, qualcosa di molto rapido. La corsa in clinica, ci sentiamo con Serenella soltanto via messaggio, perché lei è impegnata a tenerlo in braccio. Lui le dice di stare tranquilla, la sua energia è chiara, mostra ogni passaggio, le dice dove tenere le mani e quali zone lasciare libere. Ero “con lui” nel momento in cui l’ho sentito trasformarsi. Si tratta di un’esperienza incredibile, rara, capace di condurre direttamente dentro a ciò che si dissolve. Lui le dice una frase: “Creiamo delle situazioni, e poi le portiamo avanti fino alla fine”; poi sorride, si lascia andare e passa serenamente fra le sue braccia.
Come ho detto, la canalizzazione non è un’esperienza che riguarda solo gli altri, ma anche me stessa che faccio da tramite. Mi è rimasta in testa quella frase, per me così lampante nel collegarsi ai temi del mio momento, e mi sono ricordata di aver già visitato i luoghi interiori a cui voleva condurmi molto tempo prima, con una diversa e minore consapevolezza, ai tempi in cui frequentavo la scuola per diventare istruttore cinofilo. E’ curioso come alcuni percorsi continuino a tornare, con incessante pazienza, all’interno della nostra storia, unendo ciò che ancora sembrava essere una strada senza uscita, isolata a sé.
1.Diamo vita agli eventi. Siamo noi a creare ciò che vediamo, siamo noi a deciderne l’interpretazione ed il giudizio. In noi, profondamente, la radice di ogni cosa che percepiamo e sperimentiamo. Le esperienze non hanno vita propria, né alcun potere su di noi o le nostre scelte. Siamo noi a decidere la nostra esperienza di vita: consapevolmente o meno, secondo criteri appresi o connaturati in noi che siamo più o meno in grado di comprendere e lasciar andare. Sono i nostri attaccamenti, il nostro senso di identità a definire lo spazio in cui ci muoviamo: noi lo disegniamo, noi diamo ad esso dei confini precisi.
2. li portiamo avanti fino alla fine. Un limite conduce ad un altro. Quando davanti ad un bivio scegliamo una strada, stiamo perdendo la possibilità di percorrere tutte le altre. Scegliamo di nascere come esseri umani e dunque non contempliamo tutto ciò che appartiene all’esperienza di nascere in una forma diversa, come ad esempio quella di un animale, sia in termini percettivi che in termini di percorso. Non solo: scelta una strada, daremo vita a situazioni ed eventi che confermano la nostra esperienza. Ricordando di nuovo, a riprova di ciò, che siamo noi a dare vita agli eventi, e che dunque non possiamo che creare ciò che già siamo. Non possiamo chiedere a Dio o all’Universo di darci qualcosa che non siamo già in quel momento.
Allora il messaggio di Titti mi ha riportata a vedere le mie attuali situazioni, a considerare non solo l’aspetto di ciò che ho creato, ma ad indagare i meccanismi e gli schemi secondo cui l’ho fatto. Quali bisogni, quali paure, quali desideri ho espresso negli incontri che ho materializzato, nel dare forma al mio corpo così come lo percepisco adesso, a dare forma alle mie emozioni ed alla mia intera personalità? Come ho scelto di vedere me stessa, e perché proprio in questo modo? Non ho mai dato per certa la solidità della realtà, fin dai miei primi attacchi di panico quando ero giovane, ma impilando un mattone sull’altro, guardo adesso alla costruzione che ho scelto per me, riconoscendovi dentro tutti i miei tratti. Mi chiedo come tornare indietro da qualcosa che edifico ormai da molto tempo, mi chiedo se sia possibile smontare convinzioni ed attaccamenti in me così profondi, non per costruire nuove forme di me, ma per esserne libera, e potermi riappropriare della mia Totalità. So per certo, che esiste un punto in cui la solidità della materia vacilla e si incrina, e il possibile accade. Una diversa creazione. Allora cos’è la vita che viviamo, ciò che consideriamo realtà, ciò a cui ci adattiamo? Creiamo i nostri stessi problemi solo perchè li consideriamo tali, e cercando di risolverli continuiamo a dare loro credito, a muoverci al loro interno anziché smettere di crearli. Ci immergiamo nella nostra creazione, smettendo di osservarla per intero da fuori, e smettendo quindi di riconoscerla per ciò che è.
Ho pensato a quanto nella mia vita corrisponde a questo messaggio, a quante situazioni sembrano sovrastarmi e determinarmi, al modo in cui guardando ad esse decido che sono difficoltà, a come resti intrappolata nel bisogno di risolvere qualcosa che non esiste. Il mio umore, i miei tratti psicologici, ... rispondono tutti a questo disegno.
Come un lungo viaggio attraverso i miei eventi, le parole di Titti mi riportano al presente, senza risposte o soluzioni alle mie riflessioni; non ho posto domande, ho solo guardato a ciò che risuonava con chiarezza. Per me, questo è esattamente il senso di un messaggio: non un evento in sé, non una risposta oggettiva già pronta da poter usare, ma una scintilla che si accende, una comprensione che dura una frazione di secondo, che apre porte di cui non so nulla, di cui non è necessario che io sappia nulla; lascio fare, lascio spazio, lascio accadere, mi metto addosso quel barlume di comprensione e ne faccio parte della mia immagine allo specchio, scoprendo quell’istante infinito in cui niente è richiesto, e tutto accade da sè. Non sono in attesa, perciò che i nodi della mia storia possano restare, proprio accanto a ciò che scorre senza impedimenti. Prendo questa frase come un invito a ricercare la libertà da ogni singolo limite che mi hanno insegnato a ritenere reale, compresi quelli più folli, quelli più intoccabili. Desidero Altro perchè so, senza alcun dubbio, che esiste. Così Titti diviene per me un simbolo, per ricordarmi di mettere sempre in discussione ogni singola parte della mia esperienza.
Chissà, mi chiedo, quale viaggio avrà aperto Titti con le sue parole in Serenella. I nostri luoghi interiori non possono che essere isole inaccessibili a tutti gli altri.
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