Il movimento Infinito
Quello che però accade è che all'inizio riusciamo a sperimentare questo riconoscimento solo per brevi istanti, poi la mente ritorna presente a se stessa e sembra trascinarci nuovamente in superficie, fuori da una profondità finalmente conquistata: ci perdiamo nell’Infinito per un attimo, e poi ci ricordiamo di esserci. Un perenne problema che non riusciamo a risolvere, perchè la percezione che abbiamo di noi stessi è un paradosso in se stessa: torniamo poichè crediamo reale l'esistenza della nostra mente. Che fare? E' più difficile da spiegare che da sperimentare. Se osserviamo bene infatti, riconosciamo che i momenti di ricordo e di oblio della mente sono solo condizioni impermanenti, equiparabili ai diversi momenti dell'onda quando ne osserviamo un solo suo punto. Un ciclo dentro un ciclo dentro un ciclo. Tutto si ripete, la fine è l'inizio, la causa è la conseguenza. Allora, non ci resta che continuare a tornare, mentre tutte le nostre condizioni si affacciano, si alternano, mutano. Non le distinguiamo, non le separiamo, non ne cerchiamo una precisa, perciò non abbiamo bisogno di respingerle giocando a concentrarci. Tutto ciò che ha un opposto, è una condizione passeggera, compreso il nostro perderci ed identificarci con qualcosa rispetto allo stato di attenzione. Quello che però va compreso è che per lasciar scorrere tutto, non possiamo fissare alcunchè a cui tendere, nemmeno sensazioni di estasi o di coscienza espansa. Ci inoltriamo in questo movimento, lasciamo fare, lasciamo che le cose sprofondino in se stesse rivelandosi una sola. E basta. E’ tutto qui. Non fissiamo un termine, non fissiamo un intento; ecco il punto: torniamo all’Infinito. E’ così che la mente svanisce, è così che smette di essere in attesa.
"L'unica cosa che la tua mente non può combattere è il continuo, incessante tornare del tuo intento. Ciò che non può vincere è l’irremovibilità di uno spazio fra due respiri, l'imponenza del silenzio fra due rumori. Le parole di un antico mantra che conosci pur avendolo dimenticato. Ora riposa, ricordando che non esiste sconfitta: un'onda semplicemente torna, non c'è altro che questo. Lo vedi lo scarto? Non esiste altro segreto che essere. È il momento di immobilità, il mondo che prende forma osservato in quell'istante in cui ha smesso di essere il vecchio e ancora non è il nuovo. Solo un alito, una vibrazione, ma colta nel suo istante di assenza. Qui non sono, qui manco, ogni cosa è silenzio. Così in fondo, le parole si fanno conoscenza nel loro non dire. Qui so, qui conosco. È il momento di ogni istante, è questo, è ora. Canzone intima di silenzio e pace. L’eco di tutte le forme." (I molti luoghi dell'Anima - Federica Brighenti)
Tutto nell’esistenza risponde a questo meccanismo: senza fissare una fine nè alcuna condizione, l’esperienza si apre all'istante. Ma persino da quel luogo di rivelazione si deve tornare al ricordo di sè. La mente appare solo se mi fermo. L'Infinito è tornare per sempre.
Quando si parla di entrare nelle proprie situazioni e di andarci a fondo, quando si parla del vuoto al fondo degli eventi, non si intende uno stato di traguardo: l’assenza di identità risiede nell’arrendersi all’Infinito.
Mi torna allora in mente una frase del film “Marygold Hotel”, che recita “Tutto andrà bene alla fine, e se non dovesse andare bene, beh ti assicuro che non è ancora arrivata la fine”. Adoro questa citazione, riconosco di poterla applicare a qualunque dei miei istanti, perché non sono mai diretta verso una fine, verso il consolidamento di uno stato finale e definitivo. Niente nell’esistenza è definitivo. Se inserisco le mie azioni in questo meccanismo vi accorgo che non posso conservare uno scopo o un’intenzione riferita a qualche meta o realizzazione. Qualunque cosa io raggiunga, è un istante di Infinito. Questo meccanismo si applica a qualunque concetto, e a qualunque “direzione”: quando dunque parliamo di entrare nelle nostre sensazioni interiori, di stare dentro alle nostre emozioni, non dobbiamo intendere di raggiungerne una qualche comprensione (che sarebbe impossibile essendo l'Infinito la natura di ogni aspetto), o meglio non ci si può fermare a nessuna di esse; solo considerando questa discesa in sè senza alcuna meta, esattamente in quel non-luogo, ogni conoscenza scompare insieme a noi.
Il meccanismo dell’Infinito è una regressione senza fine, un andare continuamente un passo indietro rispetto a tutto, e dico proprio tutto; è l’osservatore che continua ad indietreggiare per poter osservare se stesso mentre osserva il mondo. Dovrà farlo per sempre. Questa è la sola legge che vi consente di uscire da un paradosso: non potrete usare alcuna logica né comprensione, non potrete fare affidamento su niente. E se il paradosso riguarda il vostro io, allora dovrete essere pronti a ciò che uscirne significa. Siamo di fronte all’ignoto vero e proprio, all’inconscio, a ciò che trascende tutto. Il concetto di vuoto.
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