Lasciarsi Essere

 


In questi giorni, per curiosità, ho fatto una ricerca per scoprire quali nuove pratiche olistiche ci fossero in giro, tanto per aggiornarmi, ed ho scoperto con grande sorpresa che sono tantissime quelle che non conoscevo neanche di nome. Mi preoccupa un po' andare a leggerne la descrizione e scoprire che si tratta spesso della stessa cosa raccontata in modi diversi. Certo, ciascuno di noi deve trovare la propria tecnica, e per questo è bene che ce ne siano tante, ma la tecnica è solo l’espressione di qualcosa di più profondo, e confonderla con la sua stessa essenza è ciò che ce ne rende schiavi. E’ questo che i Maestri intendevano dicendo che gli strumenti ad un certo punto vanno abbandonati. Essi servono tutti ad aiutarci ad esprimere ciò che ne è alla base, e dunque dovrebbero aiutarci ad entrare in noi stessi, a scavare dentro noi stessi, facendoli nostri fino alla radice, fino a che dello strumento non resta nulla se non l’Essenza. Invece spesso sono solo nuovi modi di identificarci nel nostro relazionarci agli altri, solo nuovi modi e nuovi nomi per operare su noi stessi, portando avanti l’idea di dover risolvere ciò che sentiamo.

Se andiamo a vedere bene, alla base in ogni singola tecnica c’è lo stesso cuore: si chiama Meditazione, cioè il farsi osservatori di se stessi. Accettazione, assenza di giudizio, distacco, perdita di ogni attaccamento: risiedere al centro. Qui non c’è nessuna azione da attuare su ciò che viene osservato, questo è lo spazio del non-fare, dove ogni parte di me viene ugualmente lasciata entrare. Nel momento in cui tento di cambiare, in qualunque modo, quell’oggetto di osservazione, significa che l’ho già giudicato, e che la mia accettazione è solo un modo per aspettare che le cose passino e tornino a volgere al sereno. Confondere questo cuore con l’azione è un grosso fraintendimento. Chi si è davvero spinto nella sincera ricerca di sé, ha scoperto che la semplice osservazione possiede un enorme potere di trasformazione.

Tutto il sentire che attraverso, ben lungi dalla preoccupazione di doverne fare qualcosa, diventa parte della mia identità, di quel giorno, di quel momento; me lo appiccico addosso come un post-it sullo specchio, prendo confidenza con l’essere quella sensazione, con tutto ciò che comporta. Continuo ad osservare i pensieri che sfilano illustrandomi quella condizione, li accolgo lasciandoli andare. Per la verità, avviene tutto da sé. Semplicemente ascolto in quale punto della mia esperienza, nel momento attuale, quel sentire risuona, e quale altro luogo accende in me, in una continua progressione di fili che si intrecciano, di luci che si accendono, di consapevolezze che vengono a galla. Mi lascio essere tutto questo, e non serve altro. In questo fluire, qualcosa cambia, qualcosa rimane più a lungo, alcune cose si ostinano a tornare, ma sembrano sbiadire sempre di più. Finchè nel sentire appare altro, e un viaggio mai cessato semplicemente prosegue.

La vita è ciò che noi pensiamo che sia. Allora fra quali parti di me stessa sto cercando un equilibrio se dentro e fuori coincidono? Dov’è che fisso un confine oltre il quale mi rifiuto di essere? Cos’è ciò su cui sento il bisogno di operare, se non una mia stessa idea? Il mio stato attuale è sempre Perfezione, questo è il punto di partenza di qualsiasi cosa io voglia comprendere di me stessa. Perfezione è ciò che non ha bisogno, e ben lontana dall’idea nostra di essere perfetti, che riguarda noi stessi, Essa richiede una visione di insieme. Posso non comprendere il mio stato, ma esso è in sé l’intero insieme, sempre: ogni stato è un intero respiro, con la sua fase crescente e quella calante, contenente tutti gli opposti. Perfezione è riuscire a vedere il Tutto nel particolare. E nel Tutto non può esserci alcun disequilibrio, così come non vi è alcun ordine od equilibrio.

Il lavoro su di sé dovrebbe condurre a questo, perché nel farsi da parte non c’è niente che possa restare. Soffermarsi sulla tecnica è solo il nostro modo di mantenere un’identità attraverso l’azione. Ma come ho già detto, anche questo fa parte del percorso, anche questo è Perfezione. Niente è mai esterno a Dio.

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