Materia, energia, Spirito - manifestazione, informazione, Essenza

 


Dopo tutti questi discorsi sull’Infinito (come natura di tutte le manifestazioni) e sull’energia (piano intermedio in cui le informazioni danno poi vita alle manifestazioni), dobbiamo toccare quello che consideriamo il piano della materia, per cercare di concretizzare la teoria.

La Meditazione è un’esperienza diretta, questo è innegabile, qualunque cosa possa essere detta deve poi essere vissuta personalmente, e spingerà ognuno fino ai propri limiti più estremi, in profondità senza fine. Dove collochiamo in tutto questo la parte solida della vita? Il percorso interiore può facilmente essere frainteso con qualcosa che accompagna la quotidianità, considerata padrona di ogni nostra condizione e decisione. Un semplice accessorio che la realtà non sempre ci concede di inseguire. Dimentichiamo troppo spesso le affermazioni scientifiche secondo cui la materia è fatta di energia. Perché questo non cambia in noi la prospettiva da cui partiamo? Questa affermazione ci dice innanzitutto che la materia presenta necessariamente condizioni e caratteristiche legate alle informazioni dell’energia che la compone. Ciò che è visibile è solo il riflesso, la proiezione, il simbolo, di ciò qualcosa che sta più in profondità e questo ci interessa soprattutto nel guardare a noi stessi, nel comprendere il punto di prospettiva da cui ci osserviamo, e da cui possiamo operare su noi stessi. Le possibilità che si aprono da una prospettiva più ampia, sono decisamente maggiori.

Leggiamo i nostri problemi dalla superficie, senza interrogarci su come ciò che è manifesto prende vita dall’interno, e da dove esattamente. La radice dei nostri problemi non è un sapere comprensibile, questo dobbiamo comprenderlo e accettarlo: non si tratta di imparare qualcosa, tecniche o arti di qualsivoglia genere, ma di scendere nel sentire delle cose che si agitano in noi, e poi ancora più in profondità, fino a concederci a quel meccanismo dell’Infinito di cui abbiamo già parlato. Concentrarci sulla parte esterna non può che restituirci una conoscenza di noi stessi alquanto effimera, e dunque incapace di fornirci alcun tipo di soluzione.

Tutto questo durante le canalizzazioni mi è diventato molto evidente: andare a cercare le radici delle nostre vicende ci mette a contatto con le informazioni energetiche che vengono dalle esperienze accumulate, e sono proprio esse a darci ragione dei collegamenti con la nostra parte “esterna”, si tratti delle caratteristiche corporee, di quelle emotive o comportamentali.

Ora, parliamo della materia perché per noi è l’unico aspetto rilevante, l’unico che coincide con la nostra identità. Solo su questo piano identifichiamo problemi da risolvere e obiettivi da inseguire. Eppure, se immaginiamo che ciò che si presenta alla superficie prende vita ben più in profondità, diventa chiaro che senza andare in quella direzione non faremo altro che girare in tondo. Ci tocca scendere fino alle informazioni presenti nella nostra energia, e poi ancora oltre, fino al punto in cui tali informazioni non sono più create.

Il fatto è questo: non semplicemente ciò che è dentro si manifesta all’esterno, ma ben più profondamente ciò che è assume varie forme nell’unico spazio esistente, anch’esso formato da quella Presenza. Vedere il corpo come manifestazione a sé di un’altra parte interiore ben distinta non è sufficiente per la comprensione che ci è richiesta della Totalità.  Le cose non sono collegate fra loro, sono la medesima Essenza, quindi è un passaggio ulteriore, che può essere toccato solo alla profondità dell’Infinito.

Provo a fare un esempio: durante una canalizzazione il racconto delle informazioni energetiche colloca le ragioni (non le cause) della condizione fisica di cardiopatia del soggetto in una lunga storia di mancanza di amore ricevuto (qui per semplicità intendiamo questo lungo arco di tempo in termini di vite passate, ma torneremo a parlare di questo punto, che è già ben descritto anche nei libri). Questo aspetto è ancora qualcosa su cui vengono effettuate tutta una serie di pratiche, sempre a scopi risolutivi, di una condizione che viene considerata problematica.

Qui però vogliamo andare oltre. La mancanza di amore ricevuto è l’informazione nucleare: che essa si sia manifestata, nel corso delle diverse vite, attraverso uno specifico evento o un altro, non ha importanza, e non dovrebbe esserlo per la risoluzione che stiamo cercando. Di fatto, quell’informazione si manifesta nella dimensione densa come un’attitudine ed una serie di schemi comportamentali, attraverso cui crea eventi che rispecchiano quella mancanza di amore, e di fatto ne sono composti. Poco importa che la persona in questione sia generosissima e si spenda al servizio degli altri, questo riguarda il piano della mente; le sue azioni, e così il suo corpo, esprimono l’impossibilità di ricevere amore, e dunque di amare. La persona incontrerà, se vorrà guardare sinceramente, questa caratteristica in tutti gli ambiti della sua vita.

Il sintomo “cardiopatia” potrebbe prendere forma da molteplici informazioni energetiche diverse, ecco perché non possiamo limitarci a ciò che percepiamo in superficie per vedere l’intero. 

E’ come osservare una pianta: possiamo vedere le sue foglie esterne, il suo fusto, ma le radici sono nascoste nel terreno. E in ogni punto della pianta è nascosto il seme da cui essa ha preso forma.  Il seme porta con sé le informazioni necessarie a modellare una precisa pianta e le porta con sé da altre piante, altre radici, altri semi da cui esso è venuto. Una catena ininterrotta che rende impossibile conoscere per intero una sola pianta: essa non è separabile dall’Infinito.

Quanto indietro dovrà andare la persona di cui parlavamo sopra per cercare il punto di origine della sua incapacità di ricevere amore, e dunque capire come prendersi cura del suo sintomo? Qui il discorso si riduce all’essenza, visto che c’è ben poco da dire e nulla da fare; semplicemente, il passaggio successivo per risalire ogni cosa dal visibile all’invisibile, consiste nell’andare sempre oltre, finchè non resta che l’andare. Non esiste un punto di inizio che ha dato origine al problema (si veda nei libri tutto il racconto fatto sull’inesistenza del tempo e sulla guarigione vista a partire dallo Spirito), esso esiste come manifestazione di un attaccamento, di un’identificazione, è parte stessa dell’identità di quella persona, del modo in cui il suo inconscio si rappresenta. Non basterà comprendere cosa quel sintomo stia rivelando, bisogna recidere il legame con quel pezzo di identità. Smettere di crearla. Smettere di esserla.

E’ a questo punto che la questione appare puramente teorica, ma non lo è affatto. Siamo disposti ad impiegare anni e anni di studio per imparare una professione, ma se ci sediamo in meditazione ed i nostri problemi non sono risolti in 5 minuti, decidiamo che non funziona. Lo stesso accade nell’ambito della medicina: se il nostro medico ci dà un farmaco che non sortisce gli effetti sperati, torniamo da lui a farcelo cambiare; se avviene la stessa cosa con il rimedio dato dall’omeopata, allora l’omeopatia è una bufala.

Dobbiamo concederci tempo, perché tutte le cose si imparano, con la pratica, la pazienza e l’osservazione. Smettete di parlare ed ascoltate. Se siete sinceramente disposti a scendere in profondità dentro voi stessi, fino a superarvi, la materia risponderà allo Spirito.

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