Trasmutazione
La capacità/possibilità
di diventare qualcos’altro. E’ un discorso interessante. Quando noi pensiamo ai
processi di trasformazione ci rifacciamo a questo concetto in modo lineare,
come nostro solito, immaginando due stati ben distinti, uno di partenza ed uno
di arrivo, con un processo in mezzo che li collega. Eppure la trasformazione, ben
lontana dall’essere un processo così come noi lo immaginiamo, risiede proprio
nel momento vuoto di stato, e non consiste nel passare da una condizione ad
un’altra, ma nel constatare l’inesistenza reale di ogni definizione di stato.
Non esiste niente di fermo, non esiste niente di statico. Le forme che
percepiamo sono costantemente già altro, e quell’inconsistenza di fatto è
l’unica vera natura dell’Esistenza intera. La Trasmutazione è un processo
continuo, che non può prevedere uno stato di arrivo, ma che richiede di
posizionarsi nell’immaterialità, in ciò che non può essere assodato. Solo in
quel punto tutta l’Esistenza coincide, ed è contemporaneamente tutto ciò che
serve. La Trasmutazione è un processo di unione.
In questo senso,
guardare alla forma anziché all’immaterialità che la compone, impedisce di
risiedere nella Trasmutazione, e la convinzione di detenere delle condizioni
precise su cui poter operare crea una realtà distorta ed inesistente, su cui
non abbiamo alcun potere. Ecco perché non siamo in grado di guarire noi stessi:
guardiamo al corpo come se fosse reale nella sua parte materiale, guardiamo
allo stesso modo al problema che pensiamo di avere, e mentre creiamo tutte
queste reti dando loro consistenza, non siamo in grado di credere di potercene
liberare.
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