Amare rende liberi

 


Intorno circa ai miei vent’anni ho vissuto la prima grande delusione amorosa. Ricordo con grande chiarezza, a differenza di molti altri momenti, quell’episodio della mia vita, ed il periodo che gli è seguito. Non sapevo cosa aspettarmi emotivamente da me stessa di fronte a quel dolore, dal momento che era la prima volta che lo vivevo, ma, già da tempo abituata alle mie conversazioni con Dio (chi mi legge sa di cosa sto parlando), mi sono imbattuta in qualcosa di inconsueto. 

In mezzo alle lacrime che certamente c’erano, mi risuonava una domanda precisa: cosa era cambiato esattamente da ciò che credevo di avere e condividere solo qualche ora prima? Certo, l’altra persona non provava più per me un sentimento, questo era ovvio, eppure sentivo che il nodo non era quello. In me non era cambiato nulla, provavo esattamente la stessa cosa. Questo fatto mi poneva un’ulteriore quesito: cos’era allora l’amore? Non poteva coincidere con lo stare insieme, perché in quel caso sarebbe finito tutto per entrambi allo stesso momento. Non avevo ovviamente una risposta, ma quella porta spalancata su un terreno inaspettato proseguiva la strada iniziata in me da tanto, che riguardava la ricerca della natura di Dio e dell’Amore. 

L’anno successivo fu un tempo estremamente ricco, in cui il dolore, pur ben presente, sembrava non avere potere su di me. Era lì, ma molte altre cose c’erano intorno, ben più vive e potenti di lui. Stavo prendendo consapevolezza del fatto che non aveva alcuna importanza cosa arrivasse o meno dall’esterno, ma soltanto quello che sentivo io; su quello avrei potuto basare tutte le mie scelte e le mie direzioni. Potevo amare senza alcun bisogno di essere amata a mia volta per prima, o come condizione necessaria. Ero libera, e questa è stata la più grande rivelazione derivata da quell’evento. Questo era il punto: amare rende liberi. E poiché ero libera, tutto ciò che non mi serviva, preso il suo tempo, mi ha lasciata andare, senza cicatrici, senza traumi o pesi nascosti da qualche parte pronti a spuntare fuori in qualche altro momento della mia storia. 

Quel tempo mi ha mostrato il potere di questa liberazione, di quanto la vita fosse soltanto ed interamente una questione di percezione e sentire. Non c’erano vincoli. Per un po' tutto mi è stato così chiaro che credevo di aver raggiunto qualche tipo di illuminazione. Ma ciò che quell’anno ha fatto germogliare in me ha continuato a crescere in ogni mia situazione. Avevo compreso che l’amore non riguardava in realtà l’altra persona, ma ciò attraverso l’altro riuscivo a sentire e vedere di me stessa. Per questo non era cambiato. 

Con l’esperienza di oggi, so che probabilmente quell’incontro aveva esaurito ciò che potevo prenderne in quel momento, ma ciò non ne diminuisce il valore. Amo profondamente persone e situazioni che non ho mai incontrato di persona, o che non mi è possibile frequentare quasi mai. Non fa differenza per me. Può l’amore vero avere questo tipo di limiti? Può averne alcuno? Non volevo che ne avesse, per questo, doveva trattarsi di qualcos’altro.

Una canzone di Marco Mengoni dice: “Grazie per avermi fatto male, non lo dimenticherò”. Da allora, so che il dolore è solo una piccolissima parte delle mie esperienze, guardandole più in profondità, esse vengono a me tutte, indistintamente ed inevitabilmente, con grande amore. Perciò non posso che ringraziare profondamente. Quel momento è stato certamente uno di quelli che ha cambiato ed ampliato le mie direzioni. Ma poiché la vita è ciò che decidiamo che sia, ogni cosa sarà solo ciò che sceglieremo di farne.

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