Cosa ci lega
Questo argomento è qualcosa di cui abbiamo già iniziato a parlare, ma una riflessione in divenire con una carissima amica mi ha suggerito ulteriori considerazioni. “Cosa tiene insieme una relazione dopo molti anni?”. Questa era la domanda, e la risposta che attiene alla mia esperienza parte dal considerare lo scopo di una relazione sul piano più profondo dell’energia. Al di là dunque della nostra natura di animali sociali, dell’istinto alla sopravvivenza della specie e del bisogno di sfuggire alla nostra paura della solitudine, quali altre intenzioni sono alla base dei legami che stringiamo?
Guardare alle relazioni attraverso la lente delle canalizzazioni spesso sposta molti equilibri e spinge a dover formulare diverse riflessioni: sul piano energetico i ruoli rappresentati nel mondo della materia (genitori-figli-fratelli-coniugi-ecc) non sempre sono rispettati, ovvero non è per niente scontato che vi sia su quel piano profondo il medesimo riconoscimento di identità. Senza voler entrare nella questione di quelle che chiamiamo (impropriamente) vite passate, che credo possano generarci soltanto confusione, dobbiamo riconoscere che sul piano energetico la lettura delle relazioni fuoriesce da qualunque sistemica (famiglia, antenati, discendenza, gruppo di appartenenza) per riguadagnare la propria totalità; e in questa totalità quale scopo può esserci in un incontro se non quello di riconoscere meglio noi stessi? Siamo sempre lì.
Se ci pensiamo, ciascuno di noi è nel proprio singolare momento di consapevolezza, e questi momenti sono molto spesso anche parecchio distanti e diversi fra loro, ciò significa che ciascuna delle parti ha un bisogno preciso rispetto alla relazione in cui è inserito, e, senza torto o ragione, la sta guardando dalla propria lente. Come possiamo pensare di stare parlando la stessa lingua? Ma se non possiamo incontrarci nello stesso momento, cosa stiamo davvero condividendo, e come può questa unione durare nel tempo? E’ possibile che ciò che stiamo scambiando sia ben oltre ciò che pensiamo e a cui possiamo fare caso?
Tenendo presente tutto questo, credo che di una relazione si debba imparare a vedere l’aspetto più profondo, oltre le emozioni che nel tempo cambiano, oltre l’affinità naturale che svanisce e deve essere continuamente ricostruita su nuove basi; credo che una relazione sia tale quando ci spinge e ci fa arrendere ad una continua trasformazione, tanto nostra quanto dell’altro o degli altri. Qui torniamo a ciò che abbiamo già trattato, cioè la necessità di trovare un luogo in cui poter esprimere totalmente noi stessi in tutte le nostre sfaccettature, ricordando però che questo è ciò che noi dobbiamo poi concedere a nostra volta, uscendo dal giudizio di ciò che sentiamo ed inserendo quel sentire in un’intenzione più grande, in cui tutto trova posto.
E’ una grande fatica quella di imparare a vedersi sempre nuovi e lasciarsi cambiare dagli eventi e dagli incontri, così come di lasciare che l’altro cambi, ma in questa prospettiva, ogni incontro, anche fugace, diviene una relazione. Essa ha come unico scopo quello di renderci liberi. Allora ci si apre, si gettano alle ortiche gli stereotipi e ci si chiede quanto questo spazio sia capace di darci respiro, ricordando a noi stessi che laddove riteniamo di dover cambiare spazio, non solo la relazione non è un fallimento, ma ciò riguarda comunque noi. Dovunque ci troviamo, se non stiamo respirando, non è per colpa di energie negative intorno a noi, ma della nostra incapacità di ritenerle parte di noi, lasciando che anch’esse ci cambino. In questo modo, quando davvero una relazione non fa più per noi, è semplicemente perché ciò che siamo in grado di apprendere di noi stessi da quel luogo si è concluso.
Possiamo apprendere
l’infinito senza muoverci mai da un punto, o farlo senza fermarci mai. E’ la
stessa cosa. La relazione è solo il modo che scegliamo di viaggiare e di
riconoscerci. Che duri un giorno o cento anni non è il punto della questione:
ogni relazione è comunque sacra per ciò che ci mostra. L’amore che intesse i
fili di un legame non ha a che fare con lo stare insieme o con il concentrarsi
sull’altro, ma su quanto le consentiamo di farci crescere.
Infine, cosa molto importante, consideriamo che a fronte di
età interiori anche molto diverse fra loro, la disponibilità di ciascuno a fare
quel passo che è nelle potenzialità del proprio momento, ci rende tutti grandi
uguali, rendendo possibile incontrarci. La crescita non è una gara di livelli o di merito. Allora se mi sto chiedendo cosa rimane
di una relazione nel tempo, credo di dover chiedere a me stessa a che punto mi
trovo ora rispetto a dove sono partita.
Per me, l’amore sta nel comprendere il
ruolo dell’altro nel mio diventare responsabile dei miei eventi. L’altro
diventa parte del mio io, come ogni altra cosa.
Sempre bello leggerti …🌱
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