La natura della Preghiera

 


Senza chiuderla in un’idea puramente religiosa, nella mia storia anche il rito della preghiera ha subito la sorte di ogni altra tecnica provata per trovare soluzione alla vita: ha smesso di funzionare, e si è come dissolta. 

Inizialmente, da piccola, quando la sera mi sedevo a fare il punto della giornata con Dio, avevo con me un elenco preciso: di cose per cui chiedere scusa, di cose per cui ringraziare, di cose per cui supplicare aiuto e protezione. Era un elenco canonico, statico e per niente vivo, una litania ripetuta a pappagallo di giorno in giorno che non vibrava di alcun potere salvifico. E ancora: era incredibilmente lungo. Volevo pregare per così tante cose di cui mi importava, che a passarle tutte a mente mi occorreva troppo tempo, e sicuramente tante ne restavano fuori, motivo per cui dopo aver finito mi sentivo persino in colpa. 

Ma non era possibile abbreviare questo elenco, perché la preghiera era la testimonianza del mio ricordare le cose, e così dimostrare loro il mio affetto ed il mio interesse, la mia presenza. Niente di più facile al mio carattere per farmi fuggire dalla parte opposta. Quanto peso, quanta responsabilità: e se avessi scordato qualcuno e la mia dimenticanza lo avesse esposto ad un pericolo maggiore? Se la sua storia dipendesse dal mio pregare per lui? Poteva davvero funzionare così? 

Era ovvio che qualunque buona intenzione avesse dei limiti di vario genere. Allora, ho iniziato, benchè sulla stessa scia, ad accorpare le cose in categorie, e a generalizzare le richieste, iniziando ad allontanarmi da una singolarità che aveva troppi bisogni a cui rispondere. Ma a forza di allontanarmi per poterci far rientrare tutto, il quadro è diventato sempre più diverso: meno bisognoso direi. Mi capitava di stare in silenzio per lunghi momenti, come semplicemente in compagnia di un Amico al quale non avevo bisogno di rendere noto nulla tanto bene mi conosceva; non avevano importanza le immagini o i pensieri che passavano, ma l’intenzione generale di amore mandato ovunque, ormai molto distante dalla semplice richiesta di grazia e salvezza. 

Il mondo iniziava ormai a mostrare la sua ineluttabile dualità, di fronte alla quale il desiderio continuo di positività sembrava non avere più senso. Cosa poteva davvero essere la preghiera? Cosa si poteva chiedere a questa pratica? Non era più questione di mantenere il ricordo di qualcosa o di avere richieste da esigere a fronte di un retto comportamento (cosa non trascurabile). 

Da qui, la Preghiera è diventata un momento di conversazione proprio sui dubbi e le incongruenze della vita, cosa che aveva decisamente una vibrazione più viva dello sciorinare un elenco di richieste; partendo dalla mente e dalla natura umana fino a quel silenzio in cui tutto viene lasciato andare, privo di risposta. E’ difficile accorgersi che proprio in quel silenzio risiede qualcosa che ha un potere inimmaginabile. 

Alla fine, la Preghiera è diventata il luogo per me in cui riporre gli angoli della mia vita, lasciandoli liberi di essere ciò che sono, di lasciar sviscerare da loro tutta la storia e gli esiti che desiderano. Non una richiesta, ma un far riguadagnare loro quella natura vuota che li restituisce all’Infinito, e dunque li rende Perfezione qualunque cosa diventino. La Preghiera è un luogo di trasformazione tramite l’affidamento. E con questa parola non intendo fede, ma certezza di qualcosa che si è direttamente incontrato.

Commenti