Arte: ricordo o trasformazione?
Scrivo per me stessa, usando la scrittura come un canale attraverso cui permettere di uscire a cose che spesso restano, consapevolmente o meno, bloccate o nascoste a qualche profondità. Scrivo per conoscermi. Scrivo per comprendermi, ma soprattutto, scrivo per lasciar andare. Molte volte quando ho una penna in mano mi accorgo di come si tratti per me di un processo connesso alla memoria attraverso il movimento della mano: mi basta il gesto per sedimentare le cose che non voglio dimenticare, tanto che difficilmente ho bisogno di rileggere quello che scrivo. Questo fatto ha in realtà più di una motivazione.
Ogni cosa che viene espressa, non può che essere riferita a quel momento specifico, di fatto è una manifestazione di quello specifico insieme di fattori, circostanze e variabili. Ciò che esce E’ quel momento, e come tale è unico e irripetibile. Rileggere quel momento successivamente è un’esperienza diversa: il valore intrinseco di ciò che agisce in me rimane invariato, ma quell’azione viene esercitata su un diverso insieme. E’ il motivo per cui una canzone mi piace per un po' di tempo e poi sembra di ascoltare qualcosa di diverso.
Credo non sia possibile ripercorrere le espressioni passate come se fossero sempre uguali. Per quanto il ricordo emotivo che ne è alla base possa essere vivido, il momento in cui esso si cala è diverso, e il contatto con quell’espressione non può essere lo stesso. Lo stesso motivo che mi aveva allontanato dalla Preghiera canonica, o per il quale trovo che leggere ad alta voce ciò che scrivo abbia un diverso impatto.
Credo che invece spesso utilizziamo queste forme espressive per sedimentare un momento anziché utilizzarle come strumenti di trasformazione. Si tratta di illusioni, niente permane uguale, certamente non la nostra interiorità, che varia in continuazione. Quando cantiamo una canzone che per noi è stata importante, stiamo cercando di rimettere a fuoco il momento da cui essa è nata, ci spostiamo nel passato tentando di mantenere intatte le nostre illusioni e la nostra identità. Non ci piace confrontare quel momento con quello attuale, perché ne sarebbe trasformato.
A me piace rileggere libri che
sono stati importanti nel mio passato e sentirli “diversi”: non hanno meno
valore, ma li accolgo per ciò che ogni volta li collega al mio presente, non al
mio passato. E’ così che i problemi espressi dalle parole vengono lasciati
andare. Diversamente, l’arte diventa un modo di restare fermi. E del resto
credo che sia proprio questo che a volte si vede in giro nelle varie forme di
espressione: qualcosa che non vuole cambiare.
Commenti
Posta un commento