L'irreale percezione della realtà

 


Da quando ero piccola, la mia esperienza percettiva del mondo è stata come una giostra. A volte sembrava mutare, improvvisamente, aprirsi a qualcosa di nuovo, come trasportandomi in dimensioni completamente diverse. A volte avevo la sensazione che tutto intorno a me fosse irreale quanto un cartone alla tv, altre volte mi sembrava che il pavimento sotto ai miei piedi si aprisse, altre ancora che tutto iniziasse a muoversi come in un dopo sbornia. Fatto sta che sulla natura del reale in quanto verità assodata, ho sempre avuto numerose perplessità, sicuramente sostenuta nelle mie convinzioni da un forte senso di sradicamento rispetto al piano della materia. Eh si, ognuno ha i propri nodi ed i propri temi da affrontare con cui si presenta nell’esperienza di vita attuale. 

Queste differenti percezioni erano sicuramente alla base dei miei primi attacchi di panico, che, pur terrificanti, ho sempre letto come eventi positivi, indicatori di qualche soglia a cui riuscivo ad avvicinarmi molto. Li ho sempre interpretati in questo modo, e anche se con grande fatica, ho imparato nel corso del tempo a comprendere proprio ciò che mi volevano indicare: riuscire a guardare l’altro lato dello specchio. La cosa più “terrificante” che abbia mai provato, è stato intravedere al fondo delle mie paure, e scoprire che non esistevano. Su che cosa stavo costruendo le mie certezze? Quale era la natura dell’Esistenza, quale il confine tra il reale e tutto il resto? In fondo era tutto contemporaneamente in me.

Ciò che siamo intimamente convinti di essere manifesta se stesso tutto intorno a noi e dentro di noi. Il mio sradicamento, che viene da altri temi del mio passato, in quanto rifiuto di connettersi profondamente alla parte terrena dell’esperienza, mi ha sempre creato, anche negli anni a seguire e a volte tuttora, un continuo difficile incastro con dinamiche molto elementari. Un costante senso di disagio, di incompletezza, di essere fuori posto e fuori sincrono. Per anni mi sono guardata di colpo i piedi mentre guidavo con la paura di non aver messo le scarpe. 

Eppure, tutti questi meccanismi di difesa e di taratura del nostro piccolo sistema individuale mi hanno fatto profondamente comprendere quanto la percezione sia allo stesso tempo inesistente e la totalità della nostra identità. Esistiamo solo in ciò che sentiamo, ma ciò che sentiamo si ostina a mutare, scomparire, scomporsi, dissolversi. 

Una delle tecniche di meditazione più semplici e conosciute recita: “Osserva un oggetto finchè non scompare”. Quando quel momento accade, credo che ci imponga di interrogarci sulla natura del reale in cui ci muoviamo, perchè se perfino le nostre percezioni sono illusorie, qual è la realtà vera del nostro vivere? E quanto altro c’è oltre a ciò in cui abbiamo deciso di credere?

Credo che per alcuni il cielo sia rosso anziché blu, come posso contestarlo? E soprattutto dovrei? L’unica realtà che esiste, l’unica verità che possiamo trovare, coincide con il sentire personale: sono ciò che sento, sono la somma di ogni mio moto interiore, e si tratta un mondo soltanto mio, in cui le leggi che funzionano e governano ogni accadimento sono create da ciò che ritengo vero. L'unica domanda possibile diventa dunque “tu cosa stai vedendo?”.

 

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