Testimoni del Sè

 


Può l’osservatore osservare se stesso? Tracciando una distinzione tra sé e ciò che sta osservando, egli ricade nella condizione di dualità che ci indica come sia in realtà parte stessa di ciò che sta osservando. Di fatto, finchè l’osservatore è presente, non si può parlare di un reale distacco.

Quando ho iniziato con la Meditazione, mi sono accorta che la semplice richiesta di farsi osservatore di qualcosa era per me tutt’altro che semplice, proprio in ragione di quel continuo essere all’interno di un processo senza riuscire realmente ad uscirne. Ci ho messo molto tempo per imparare ad osservare, ma questa definizione non è esatta, perché il passaggio dall’osservatore all’osservazione, come tutto ciò di cui abbiamo già parlato, non è nelle possibilità della mia mente. Ad un certo punto semplicemente accade, in qualche luogo dell’Infinito di cui siamo parte, che l’osservatore si arrenda alla continuità, al dover osservare tutto sempre, senza traguardo o arrivo. Allora, egli diviene il testimone.

Il testimone è totalmente neutrale, non ha opinioni o giudizi su ciò che osserva, non ha aspettative, né osserva con l’idea di qualche funzionalità di risoluzione. E’ pura Presenza, pura Attenzione, puro Essere, così totale da non avere bisogno di interpretare ciò che ormai è parte di Sé. Non è più qualcuno che osserva un evento che sta vivendo o se stesso mentre vive quell’evento, ma è diventato ogni cosa, e questo è l’unico vero distacco: paradossalmente la condizione in cui gli opposti coincidono, l’assenza di distanza. Curioso. Il testimone è situato a quella profondità infinita, in quel vuoto costante in cui nessun evento accade. Attraverso l'osservazione di sè, l'osservatore diviene testimone del Sè, colui che ne incarna l'Essenza.

Questa fase del processo è anche l’unica in cui si verifica quello che noi chiamiamo “lasciar andare”, inteso come perdita di identificazione.

 “Oh life it come and goes, no one ever tell you how to learn to let go …” Survivor - Passengers

("Oh la vita viene e va, nessuno ti dice come imparare a lasciar andare ...") 

Farsi osservatori di sé così intensamente da lasciare che si realizzi il testimone è un processo per noi sicuramente complesso; il distacco che ci è richiesto di maturare riguarda ogni aspetto della nostra identità, dal corpo alla mente alle emozioni. Immaginate quanto possa essere difficile prendere le distanze dal proprio dolore fisico e dall’identità che ci attribuiamo attraverso il corpo. Riusciamo a stento ad osservare qualche dettaglio di noi quando siamo tranquilli, in salute e in pace, figuriamoci se ci è possibile allontanarci da noi stessi quando siamo in una condizione di sofferenza o disagio, che peraltro ci spinge ad un’urgenza di soluzione. 

Come ogni altra cosa che abbiamo appreso nella vita, anche ad osservare si impara, ma ci vuole costanza ed esercizio, la volontà di dedicarsi ogni giorno a qualcosa che è totalmente nelle nostre mani. Una pianta si annaffia tutti i giorni, non solo quando viene la siccità, e cresce secondo i suoi tempi e la sua natura, senza fretta. Tutte le cose hanno bisogno di tempo, di spazio e di cura.

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