Cercando le radici
Cerchiamo di comprendere meglio quello che è il messaggio della canalizzazione del 2023.
Nella mia percezione, quello che viene proposto è un percorso che segue una direzione in un certo senso inversa rispetto a quella che solitamente seguiamo nel cercare di comprendere noi stessi e le nostre situazioni.
Inizialmente, ci concentriamo su ciò che ci è possibile vedere, sui sintomi più esterni ed evidenti che contraddistinguono la nostra particolare soggettività e la sua personale storia. Identifichiamo delle ferite, e degli eventi nel nostro passato che le hanno generate. Riconosciamo dettagli precisi, approfondiamo ogni argomento trattandolo come esaustivo nella sua causalità, diamo un nome preciso ad ogni aspetto.
Come ho sempre detto quello della conoscenza è un processo necessario e fondamentale: Osho diceva che non è possibile lasciar andare ciò che non si conosce. Ma la conoscenza in quanto somma di nozioni ad un certo punto raggiunge un limite oltre il quale si rivela insufficiente, scontrandosi con la natura infinita del soggetto che sta cercando di indagare, cioè noi. A questo punto il processo cambia, e dalla specificità si orienta verso un'identificazione di ambiti più grandi e più profondi, a cui tutte le nostre ferite fanno riferimento.
Ad esempio, la ferita da abbandono che posso aver identificato e compreso in consapevolezza, nasce a sua volta dalla paura di essere solo, che è un attaccamento posto ben più in profondità, e che dà vita a tante altre ferite che imparo a distinguere. Ecco allora che il percorso proposto da quest'anno è di imparare a guardare ai nostri eventi interiori cercando ciò che li sostiene e li alimenta, proprio ai limiti del nostro senso di identità.
Se proseguiamo con onestà e attenzione in questa ricerca, vedremo come tutto si riduce proprio a quel senso di esistere di cui siamo così convinti, con il quale siamo intimamente identificati e dal quale totalmente dipendiamo. Il lavoro a cui siamo chiamati è quello di riconoscere la vera natura dei nostri problemi, che non è qualcosa di personale, ma un sentimento collettivo. Siamo tutti arrabbiati e pieni di paure; e se vogliamo essere sinceri, anche la rabbia deriva il più delle volte se non sempre dalla paura. Dobbiamo essere disposti a riconoscere ciò che anima i nostri comportamenti, le nostre risposte emotive e i nostri schemi di pensiero, non soltanto in riferimento a ciò che consideriamo un problema, ma rispetto a tutto ciò che è il nostro essere, in ogni momento del giorno.
Questo tempo ci aiuterà rendendo evidenti gli eventi interiori perchè possiamo meglio fare questa discesa in noi stessi. Come detto, la parola chiave è onestà: accettare di vedere ciò che siamo, continuamente, giorno dopo giorno, fino a che una consapevolezza mentale non diviene in noi esperienza. Solo allora la nostra vita smette di esserci estranea, e possiamo fluire in essa diventandone parte.
Torna qui il concetto di continuum di cui ho parlato nel primo post di questo blog, "Il movimento infinito": tornare continuamente, da ogni luogo di confusione, ad essere soltanto osservatori, Testimoni, Contemplazione.
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