Parti indivisibili
Io mi rendo conto, e devo dire che me ne faccio sempre un grande cruccio, della difficoltà di comprendere in quale modo una canalizzazione lavora, e dunque se e come può essere di aiuto rispetto ad un problema.
La prima cosa da capire è proprio questa: noi ci muoviamo nel mondo cercando risposte e soluzioni a ciò che ci accade; che ci occorra una risposta ad una domanda o una cura per un problema fisico, abbiamo questa idea di eventi singoli ed isolati su cui intervenire, come se fossero realmente esistenti ed identificabili in se stessi, come se fosse possibile cambiare la nostra realtà agendo su di essi. Quello che emerge dalla canalizzazione come informazione circa alcune caratteristiche della nostra energia, è invece un discorso intrecciato su se stesso.
Facciamo un esempio: se ciò che qualcuno si porta dietro dal passato (e anche di questo dovremo continuare a parlare meglio) è una ferita da abbandono, questa diventa parte di ogni singola cellula ed atomo del corpo e della mente di quella persona. Che egli la esprima rifiutando le relazioni per rabbia in risposta all’abbandono o sviluppando una dipendenza affettiva, cioè la forma della manifestazione di quella ferita, non ci interessa, perché non vogliamo lavorare sulla manifestazione, ma sulla radice. Tale radice però non è a sua volta identificabile, ma è parte di ogni cosa di quella persona.
Egli è l’uomo abbandonato quando ride e scherza con gli
amici, quando lavora, quando pensa a coloro che ama, quando legge il giornale,
…è parte della sua identità, del modo in cui vede e vive il mondo e le
esperienze. Non è qualcosa che si può estrarre da lui come faremmo con un
dente; non è qualcosa che si può separare da tutto il resto, dalle altre
informazioni che porta con sé nella forma; la somma delle sue informazioni coincide con la sua identità, con ciò che crede di essere. In quanto tale non è qualcosa che si può risolvere,
ma soprattutto, non è qualcosa da risolvere. Siamo chiamati ad avere consapevolezza di queste parti di noi, non a considerarle
un problema.
E per quanto sembri assurdo, questo discorso vale anche di fronte alle questioni della materia fisica come i problemi di salute, poiché ciò che appare nella forma nasce in realtà molto più in profondità. E tuttavia in quella profondità ciò che troviamo è un insieme, non qualcosa di individuabile singolarmente. Quindi un conto è avere cura di qualcosa di noi stessi e un conto è parlare di guarigione. Senza un percorso di consapevolezza non c’è guarigione. Essa si traduce in uno stato naturale privo di intenti di intenti che non si identifica con nessuna condizione, nemmeno con quella del corpo fisico, e quindi non rende alcuna di esse un problema né una realtà. Se la soluzione fosse il non avere bisogno di soluzioni?
Quando si fa una canalizzazione, lo chiarisco meglio che posso, non si ricevono né risposte, né indicazioni di azione. Il percorso che vuole suggerire ed indicare è un cambio totale di prospettiva sul mondo. Se state cercando qualcosa da poter fare, non arriverà da qui.
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