Coscienza, Consapevolezza, Inconscio
I termini di coscienza ed inconscio mi hanno sempre affascinato molto, almeno per come io li intendo e li immagino.
La coscienza è ciò che ci rende capaci di essere consapevoli di noi stessi e di ogni cosa, ciò per cui sappiamo di esistere. Ci consente di identificarci con quella specifica identità individuale che abbiamo immaginato di essere, corpo e mente. Ma a ben guardare, di quante cose di noi stessi siamo coscienti? Gli stati della coscienza devono essere molteplici: mentre parlo con qualcuno, lo faccio da uno stato che non mi richiede di essere coscientemente consapevole di quello che sto facendo; mi alzo e cammino senza bisogno di pensarci; il mio corpo svolge da solo innumerevoli attività senza che io sappia nemmeno quali siano. Non ho bisogno del pensiero perché tutto questo si svolga, quindi quale sarebbe il ruolo della mia coscienza? Di cosa sono cosciente davvero, senza che questo abbia importanza per lo svolgersi della vita del corpo?
A questo punto dovremmo fare una distinzione tra stati diversi
inserendo il concetto di consapevolezza: nelle mille attività che svolgo nell’arco
della giornata sono sempre cosciente, ma sono consapevole soltanto di alcune di
esse. Dov’è che consapevolezza e coscienza si incontrano? Quando in
meditazione si parla di essere coscienti di qualcosa, che è la base della
pratica, si intende di diventare consapevoli di essere coscienti, che è uno stato
molto diverso da quello “automatico” che utilizziamo normalmente. Sappiamo
sempre di esistere, ma ne siamo consapevoli solo quando rivolgiamo l’attenzione
a quel particolare punto. E tuttavia se ci mettiamo a prestare attenzione a
qualcosa che di solito non ce la richiede (come l’atto di respirare o del
battito del cuore), quell’atto inizierà immediatamente a trasformarsi, e probabilmente
a darci problemi rispetto proprio alla nostra percezione dell’idea di noi stessi. La consapevolezza della coscienza si può tradurre con l’istante
presente, il qui ed ora che tutti conosciamo, quando la mente non si muove e
tutta la percezione coincide, annullandosi.
Ma c’è ancora un punto interessante: cos’è l’inconscio? Posso
dire che ciò che avviene a mia insaputa, come la digestione ad esempio, è per
me inconscio, o parliamo di coscienza in termini di “essere svegli” in modo
generico e generale? In questo caso è il sonno l’inconscio, cioè quando non ho
percezione di me stessa? Eppure, come già detto, mi accade molte volte al
giorno di non essere consapevole di me stessa, di essere assorbita nei pensieri
senza ricordarmi di esistere, dunque qual è il confine? Cosa sappiamo veramente
di noi stessi, cioè, cos’è che consideriamo essere la nostra identità? Di fatto
sono ben più numerose le cose che accadono a mia insaputa che le altre.
Attraverso che cosa ci definiamo?
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