Abbiamo perso l'esperienza diretta
Riflettevo sul fatto che tutto quello che sappiamo della nostra vita, in qualunque ambito, è qualcosa che abbiamo appreso dall’esterno. Non c’è nulla di personale nella nostra conoscenza, anche quando crediamo che lo sia. Ne è la prova il fatto che fatichiamo così profondamente a fidarci di ciò che sentiamo dentro di noi ma che non possiamo comprovare, condividere con ciò che ci è stato dato come oggettivo.
Così credo che abbiamo perso l’abitudine a fare esperienza diretta delle cose, il che significa, come dicevano i grandi saggi Taoisti e non solo, volgere i sensi all’interno. Bisogna capirci bene. Il percorso personale consta di una prima fase che è legata alla conoscenza di sé, pertanto l’osservazione interiore mira comunque a definire dei contenuti e delle informazioni circa la propria identità, cioè si concentra su degli oggetti. Il senso rimane sempre quello di comprendere la propria natura. Ma il percorso in questa direzione dovrebbe essere fatto per mostrare che non esistono confini definibili né alcuna identità.
Non si guarda dentro di sé per capire il fuori; si va dentro di sé per non tornare, per riconoscere, cosa che accade solo all’interno, che interno ed esterno non solo sono la stessa cosa, ma sono entrambi inesistenti. E’ infatti ben più difficile vedere che il percorso personale raggiunga la fase in cui abbandona il bisogno di sapere, conoscenza e nuovi riferimenti. Ci fissiamo sulla sensazione di un’identità più vasta, ma questo rimane un concetto mentale. Non cambia niente se attribuiamo significati spirituali ai nostri concetti o utilizziamo parole auliche e compassionevoli
L’esperienza diretta è
quella che si fa non attraverso i sensi, ma attraverso ciò che rimane quando i
sensi non sono coinvolti. Non parlo del semplice decidere in cosa credere, ma
di fare esperienza di ciò che siamo davvero. E’ tutto dentro di noi, basta
girare lo sguardo e restare ad osservare con ciò che viene prima degli occhi.
Bisogna guardare di persona.
Commenti
Posta un commento