Dalla forma alla sostanza
Sul tema della ricerca di cause al proprio presente nel passato abbiamo già parlato tante volte, ma vedo come sia difficile rompere questo legame concentrandosi sul presente. In particolare vedo come sia quasi impossibile scollegare il sentire dall’evento specifico: noi ricerchiamo un fatto, un avvenimento, dimenticando che ciò che si manifesta nella nostra percezione prende forma in altre profondità non visibili; ci attacchiamo a ciò che vediamo e crediamo di poter aggiustare il presente risolvendo il passato. Cerchiamo qualcosa di tangibile su cui poter agire. Ma se il problema fosse l’evento in sé, esso si ripresenterebbe sempre uguale nelle nostre esperienze.
“Quando una ferita si apre in noi, la manifestiamo in tutti i nostri eventi fino al momento in cui non siamo pronti a lasciarla andare; significa che dobbiamo cercare di risalire dalla molteplice varietà del nostro vissuto alla radice di tutti i nostri momenti. Come in quel gioco da tavolo in cui bisogna cambiare intuitivamente disposizione ad alcuni pezzi colorati per indovinare una certa sequenza di partenza che viene tenuta nascosta, allo stesso modo il variare gli elementi delle nostre esperienze, cioè il fatto che pur riflettendo la medesima ferita si manifestino con dettagli differenti, ci consente più facilmente di individuare gli scarti rispetto al dolore che ne è alla base. Quando la nostra ferita si manifesta in vite diverse attraverso il ripetersi dello stesso specifico evento, significa che la profondità di quel dolore è tale da creare una stasi paralizzante, il più delle volte indice del nostro rifiuto di voler vedere cosa si cela dietro al velo.” (Storia di Tabata e Cristina - Federica Brighenti)
Se una persona ha subito un abbandono da bambino ad esempio, il suo problema non è quello specifico fatto, né le persone che lo hanno abbandonato: il suo problema risiede in ciò che la sua interiorità elabora e trattiene di questa esperienza. Potrà sviluppare un grosso bisogno di attaccamento come reazione, o all’opposto una diffidenza profonda nelle relazioni. Conoscere i fatti può dare un contesto a quel sentire, ma se non lasciamo andare quel contesto ci sfugge il nucleo della questione, ci sfugge il come l’unico “lavoro” possibile sia sul nostro presente, dove nessun lavoro è richiesto. Non siamo vittime di nessun evento, solo di ciò che ci è stato erroneamente insegnato della vita, e della nostra indisponibilità ad andare a cercare altre strade in noi stessi tramite l’esperienza diretta.
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