La Presenza che genera il tempo
Quando guardiamo alla nostra storia, inevitabilmente assegnandole un passato ed un futuro, ripensiamo, alla luce del momento in cui ci troviamo, a ciò che abbiamo vissuto, filtrandolo attraverso quella consapevolezza attuale che si rammarica di ciò che è stato fatto in sua assenza. Sembra che l’unico momento perfetto della nostra vita sia sempre quello da cui guardiamo, l’unico in cui siamo presenti. Ed è effettivamente così.
Ben sapendo ormai che ogni scelta nella vita si è compiuta su ciò che era disponibile in quel momento, e che non poteva essere altrimenti, una cosa che trovo più curiosamente difficile per la nostra accettazione riguarda la sottile convinzione, quasi impossibile da estirpare, che gli eventi abbiano in sé una sorta di valore preparatorio ai successivi. “Se non avessi attraversato quel fatto non avrei compreso quella cosa”, “se non avessi sofferto così tanto non avrei potuto gioire di ciò che avevo”.
Ci trovo un’ingannevole tentativo di preservare intatta la nostra storia senza lasciarla andare, con particolare affetto per i momenti dolorosi, a cui finiamo con l’affezionarci. Soprattutto, in questa visione spesa nel tempo, stiamo dichiarando che alcuni eventi sono solo funzionali ad altri, più importanti. Io credo invece che ogni istante dovrebbe essere visto nella propria completezza intrinseca, senza ricercarne il valore in un differente luogo, senza preoccupazione di dove una cosa conduca.
Restituire ad ogni momento questa perfezione ci consente di guardare ai nostri eventi con equanimità, solo così riuscendo a distaccarcene, ritornando alla nostra presenza che consente a tutto di avvenire. Così potremmo accorgerci che dentro ad ogni momento è già incluso tutto lo scorrere del tempo e tutte le possibilità del suo svolgersi. Se riusciamo a smettere di preoccuparcene, il filo del tempo si spezza, tutta la vita si condensa in un istante, e proprio per questo si riappropria dell’Infinito.
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