Dove fissare i ricordi

 


Ogni esperienza che viviamo è connotata in noi da precise emozioni che la dipingono. Quelle emozioni sono il legame che stringiamo con il passato: le usiamo per conservare intatti i ricordi, per collezionare la nostra storia, in un certo senso per viaggiare nel tempo. Le stesse emozioni infatti, sollecitate da nuovi eventi, ci riportano velocemente a ciò che abbiamo vissuto; allo stesso modo quando siamo noi a voler tornare in qualche luogo preciso, lo facciamo viaggiando in quelle emozioni. 

Un evento che ha suscitato in noi dolore, laddove l’emozione non venga resa oggetto di completa partecipazione, diventa un ricordo emotivo: l’evento coincide con l’emozione. Cosa accade allora se invece prendiamo in carico l’emozione che una situazione risveglia in noi, e la osserviamo in modo neutrale in continuazione finchè non ha fatto il suo corso in noi, finchè non si è consumata e non ci ha lasciati andare? Cosa resta, se invece che tentare di correggere o curare ciò che proviamo lo lasciamo inspirare ed espirare in noi totalmente nella sua dualità? 

A quel punto l’evento non ha più alcun riferimento a cui aggrapparsi, perché non può che andare a coincidere con il Vuoto che si è aperto. L’evento diventa libero da significati e da richiami limitanti, non porta con sé alcuna eco dal passato. Nel fissare un ricordo nel Vuoto anziché in un’emozione, lasciamo andare quell’evento, trattenendone solo ciò che di esso è Presente. Non è nemmeno più un sentire, diventa piuttosto un sapere. 

L’evento smette di essere un ricordo cristallizzato, si fa vivo e attuale in ogni momento, ma senza alcun limite o riferimento. Così tutta la nostra storia confluisce in un solo istante, dove tutto è sempre disponibile, ma niente è mai un pensiero.

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