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Visualizzazione dei post da dicembre, 2022

Ogni fine ...

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  E così un altro anno si conclude. In fondo non è che un arco di tempo a cui arbitrariamente abbiamo attribuito un significato per scandire il passare dei nostri istanti, ma certo la fine di qualcosa è sempre un momento che ci spinge a fare qualche riflessione. Personalmente in questi luoghi di passaggio mi piace soffermarmi a pensare a cosa porto con me del tempo trascorso, a quanto ho ricevuto e imparato, a quanto sono riuscita a lasciare indietro, e a quanto devo ancora mettere mano. Non si tratta di un bilancio o di un giudizio, quanto piuttosto di un momento di sospensione: c’è gratitudine per ogni esperienza attraversata, che fosse di paura, dolore o gioia; c’è ascolto del cambiamento che si manifesta; c’è apertura a lasciarsi trasformare e rendere pronti al nuovo. C’è mutamento, c’è Silenzio.  Quando pensiamo a qualcosa che si conclude siamo sempre già proiettati a ciò che verrà dopo, all'inizio che seguirà, al nuovo che ci aspetta, come se non potessimo mai attardarci...

La continuità oltre gli eventi

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  Mi sono spesso chiesta cosa sia davvero un’esperienza, cosa davvero succede e a chi attraverso gli eventi. Immaginando di poter vedere l’infinitamente piccolo, la struttura della realtà diventa impalpabile ed inafferrabile, tanto da poter dire che non c’è realmente qualcosa che accade, perché nell’istante infinitamente piccolo si trova l’Immobilità.  Possiamo allora pensare che ciò che chiamiamo evento sia semplicemente il nostro scarso vedere, che accorpa gli istanti in un insieme di significati che trovano riscontro rispetto a quella che crediamo essere la nostra storia. Per poter attribuire un significato a qualcosa devo avere un sistema di valore di riferimento. Anche così, le esperienze restano qualcosa di impalpabile, di non tangibile, e dunque esclusivamente personali, perché quel sistema di riferimento è puramente soggettivo. Ce le trasmettiamo tramite racconti, ma non viviamo mai lo stesso momento così come ciascuno di noi lo percepisce. Eppure, questa somma di ista...

Quale idea di me

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  Quando osservo il mio corpo o qualche evento fisico che lo riguarda, mi sembra quasi di intravedere, sebbene in modo molto indistinto, come esso sia la somma, l’insieme delle infinite variabili che danno vita alla mia idea di me stessa. I miei pensieri modellano la mia forma fin nella profondità delle cellule e degli atomi che le compongono. I tratti che ho, il modo in cui funziono, i miei punti di forza e quelli deboli rispondono tutti ad un’idea. Quando riesco ad essere molto attenta, posso vedere come l’andare a toccare in profondità quell’idea di base modifica all’istante le informazioni del corpo. E’ un processo complesso, che si fonda su più strati. Quando parliamo di guarigione su un piano davvero profondo, immaginando di poter chiedere alla nostra parte materiale di trasformare se stessa, dobbiamo comprendere che non si tratta di un’azione che possiamo attuare su ciò che percepiamo, ma di qualcosa che va molto oltre. Quell’idea che ci modella completamente nasconde le p...

Testimoni del Sè

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  Può l’osservatore osservare se stesso? Tracciando una distinzione tra sé e ciò che sta osservando, egli ricade nella condizione di dualità che ci indica come sia in realtà parte stessa di ciò che sta osservando. Di fatto, finchè l’osservatore è presente, non si può parlare di un reale distacco. Quando ho iniziato con la Meditazione, mi sono accorta che la semplice richiesta di farsi osservatore di qualcosa era per me tutt’altro che semplice, proprio in ragione di quel continuo essere all’interno di un processo senza riuscire realmente ad uscirne. Ci ho messo molto tempo per imparare ad osservare, ma questa definizione non è esatta, perché il passaggio dall’osservatore all’osservazione, come tutto ciò di cui abbiamo già parlato, non è nelle possibilità della mia mente. Ad un certo punto semplicemente accade, in qualche luogo dell’Infinito di cui siamo parte, che l’osservatore si arrenda alla continuità, al dover osservare tutto sempre, senza traguardo o arrivo. Allora, egli divi...

Ad Alma

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  Cara nonna, ti scrivo sapendo che non puoi leggere queste parole, ma ne sento il bisogno per me stessa. In fondo credo la scrittura abbia soltanto questo potere personale.  Poiché l’intero mondo risiede nei miei occhi, la guarigione deve per forza passare attraverso di me, e riguardarmi. Vorrei che fosse così semplice, ma la difficoltà per me non sta nel non sapere accettare ciò che ho di fronte, quanto riuscire a far comprendere che la mia accettazione non è una mancanza di amore.  Così la tua condizione mi fa pensare ora a cosa credo che rimanga di qualcuno che se ne va, alla natura dei ricordi e della memoria, che ormai da anni in te sta andando perduta. Innumerevoli anfratti di vita nascosti in un luogo che non ti è più accessibile, fra cui anche io. Sono i ricordi, la nostra storia, a fare di noi ciò che siamo? Devo poter credere che ci sia molto altro, perché ad un certo punto, seppur lontano oltre la nostra immaginazione, ciò da cui siamo stati vissuti sbiadisc...